Una sosta tra parenti, davanti all’osteria di Mariucia, all’angolo tra lo spiazzo davanti alla chiesa e Via Borgo; sono i primi anni del dopoguerra.

Papà è sui vent’anni; elegante, sorridente, con il bicchiere di vino in mano, mentre brinda a chi sta scattando la fotografia. Dall’altro lato del tavolino il cugino Micio (Miciu) di qualche anno più grande. Seduto di fronte, barba Peto (Petu); ha il cappello in testa, come usavano tutti gli uomini della sua generazione. Non sono uniti solo dalla parentela; i due cugini anche da una comunanza di interessi: sono negossiant di bestiame. Micio (Maurizio Comba) era negossiant, ma non a tempo pieno; mio padre l’aveva nel sangue l’arte del negoziare, pur essendo ancora molto giovane.

Era figlio d’arte! Suo padre, Giant ëd Fassi, comprando e rivendendo bestiame, era riuscito a dare una buona sicurezza economica alla sua famiglia; una bella e grande casa nel paese, terra da coltivare, la stima di tanta gente, non solo del paese, ma anche delle vallate. Pure da parte della mamma, dei Comba, c’era una discendenza di negossiant; suo padre era morto sotto la neve, tornando da un viaggio di “lavoro” in Francia; all’andata vendeva uova e pollame e al ritorno comprava pelli di marmotta.

Papà era l’ultimo di 7 figli, 4 maschi e 3 femmine: in lui nonno aveva riposto tutte le sue speranze per una degna continuazione della professione. Anche i fratelli se ne occupavano già, ma il prediletto era papà, a cui aveva dato il suo stesso nome. Se lo portava con sé; presso i clienti e ai mercati, dove poteva conoscere i colleghi ed apprendere leggi del negoziare, leggi non scritte, ma osservate da tutti.

A 13 anni papà era stato mandato, per la prima volta da solo, a portare una mucca a Prazzo, da un amico negossiant, con il compito di fermarsi qualche settimana per impratichirsi del mestiere. Era già tempo di guerra, ma con l’arrivo della guerra civile il commercio subirà restrizioni. In quegli anni papà era ancora solo un ragazzo, ma sembrava già un giovanotto, perché alto e robusto di corporatura; viveva quasi sempre a la Vila, a la Ruà, dai parenti; si era inserito nella brigata partigiana “Giustizia e Libertà”.

Nei momenti di pausa, dai discorsi dei cugini Comba, più grandi di età, aveva appreso le strategie del commercio di bestiame.

E la fine della guerra lo vedrà impaziente di cominciare.

La prima grossa impresa, in territorio francese; in quegli anni c’erano restrizioni all’andare in Francia per i contrasti sui confini, ma lui era riuscito ad ottenere un visto, come visita a parenti. Era partito in treno, ma era tornato con un grosso gregge di pecore, a piedi e all’avventura; con lui c’era il cugino Batin, fratello di Micio.

In quel periodo tanti viaggi nelle vallate; era pericoloso; c’erano ancora sbandati; c’erano contrabbandieri e guardie; non si sapeva chi si poteva incontrare. Si dormiva nelle stalle e d’estate nei fienili. Solo più tardi, potrà permettersi le soste nelle osterie. E poi arriveranno gli anni dello sviluppo economico ed anche il commercio ne trarrà importanti benefici.

Quando nel 1951 morirà suo padre, papà sarà già pronto a prenderne il posto. Al funerale verranno negossiant da tutta la provincia ed anche da fuori provincia, dimostrazione di rispetto verso il morto, ma anche di stima per chi ne avrebbe continuato l’attività: Giòvani ‘d Fassi avrebbe degnamente sostituito Giant ëd Fassi. Ed i colleghi avevano reso onore al nonno, alla maniera dei negossiant; dopo la funzione si erano sparpagliati nelle varie osterie del paese ed avevano fatto festa, mangiando, bevendo e cantando; qualcuno aveva dormito nella grande stalla di famiglia, perché ormai era notte!

Praticamente quasi ogni giorno della settimana aveva il suo mercato; erano levatacce all’alba ed anche prima, quando era ancora buio. Il bestiame doveva trovarsi all’interno del mercato prima dell’alza-bandiera; c’erano degli addetti a spostare le bestie, ij tocòo (tucòu) con il tòni, mentre i negossiant indossavano uno spolverino. 

La prima domenica di maggio c’era la festa di San Mauro, a Rittana. Il lunedì si ritrovavano lì tutti i negossiant facendo festa nelle varie osterie, dopo aver pregato e fatto la novena. Ci andavo sempre anch’io. Mi ricordo che c’era una bancarella particolare: esponeva ossa del corpo umano, di legno, ma perfettamente uguali a quelle vere. La gente “affittava” l’osso che corrispondeva alla sua parte dolorante, lo portava in braccio durante la novena e alla fine, con un’offerta, la riconsegnava. Ne ero sorpreso; questa fede semplice, ma sicura, mi faceva pensare!

Poi dagli anni ’70 iniziano gli allevamenti intensivi, nei capannoni; i vitelli vengono trattati ed anche i marson (marsun) possono sfoggiare cosce abbondanti!

Il mondo dei clienti va in esaurimento e scompare anche il mondo “storico” dei negossiant che andavano di casa in casa, che avevano intessuto rapporti di stima, di fiducia e di amicizia con i contadini, dove il caffè o il bicchiere di vino bevuto insieme aveva un gran valore; un mondo dove contava più di tutto una stretta di mano.

Bruno Ristorto